Verso il Convegno Nazionale PO ’92


 

La Pastorale del Lavoro italiana ha organizzato a Roma nel maggio scorso un convegno nazionale su “Nuova evangelizzazione e solidarietà sociale”. Di seguito riportiamo integralmente il testo dell’intervento fatto durante il convegno da Carlo Carlevaris.

Intervengo per esprimere un disagio e un ringraziamento. Dall’insieme degli interventi, ma anche da una certa enfasi dell’Enciclica, non si scorgono cenni alle responsabilità delle Chiese nella formazione, sviluppo e radicarsi del sistema capitalistico di questi due secoli.
Pensiamo che non ci siano queste responsabilità?
– Ma non è vero che l’etica protestante e la stessa morale cattolica hanno dato un solido fondamento teorico. e morale a questo sistema?
– Ma non è vero che i gestori politici di queste società erano cristiani sia in Europa che in America del Nord e del Sud?
– Ma non è vero che il Centro e il Sud America sono stati governati da un sistema di sfruttamento che è iniziato con la conquista (che noi chiamiamo evangelizzazione e di cui si celebra il 500° anniversario) e che continua ancora in nome di una economia di mercato internazionale che è stata ed è in mano a governi cristiani del Nord e dell’Ovest del mondo?
– Ma non è vero che la Chiesa ha fatto un’enorme fatica a capire il Movimento Operaio, la classe operaia, i suoi spazi, la fatica del suo cammino, a cui ha offerto più scomuniche che aiuti?

Se questi che a mio parere sono errori e ritardi, perché non dirli, non ammetterli con umiltà in questa sede?
Anni fa il Card. Pellegrino alla televisione italiana, su sollecitazione di alcuni di noi, chiese pubblicamente perdono alla classe operaia per questi ritardi e tradimenti. Non è il caso che questo riconoscimento dei nostri torti, se non la richiesta di perdono, venga affermato qui?
– In occasioni come queste credo che si dovrebbe esprimere un cenno di riguardo, di riconoscimento. di gratitudine per quanto è stato fatto da quelli che oggi si sentono e forse sono gli “sconfitti”, ma anche gli ingannati dai loro compagni e snobbati da noi.
– Qualche cenno anche nella prima relazione di mons. Mejia mi è parso perlomeno poco rispettoso, ma soprattutto mi sembra la spia di un atteggiamento un po’ presuntuoso e trionfalista quale qui si respira.
Nel momento in cui l’enciclica dice di cogliere dalle dottrine, dalle scienze e dalle esperienze presenti fuori della comunità cristiana, si assume un tono di compiacenza sul nostro “aver detto e fatto” e nel contempo di sottovalutazione di quanto “detto e fatto da altri”, i quali forse non saranno ricordati fra cento anni, ma che hanno dato non poco all’oggi.

Questi i motivi del mio disagio.
Il ringraziamento
è per quanto di molto prezioso è stato detto nelle relazioni, in particolare dal prof. Caselli e dal dott. Castagnaro.

Ho anche apprezzato molto quanto detto dal dott. Bianchi, in particolare l’accenno all’esperienza di Simone Weil sulla preziosità del lavoro manuale, alla fatica nella fabbrica.
Questa citazione mi ha posto prepotente una domanda che non avrei voluto dire ad alta voce, perché forse troppo interessata:
”Il silenzio, la non comprensione, l’opposizione della Chiesa italiana sulla vita dei pretioperai del nostro paese, quali radici e motivazioni hanno avuto? Non sono frutto forse di questa presunzione che diventa miope?

Carlo Carlevaris


 

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