rivista n° 71 – 2006

Girotondo invisibile dei precari

L’esperienza dei pretioperai, almeno come l’ho vissuta io, si è caratterizzata lungo questi anni per una significativa immersione nella realtà quotidiana di molti uomini e donne che si mantengono col proprio lavoro, che fanno i conti con la normale fatica di vivere, spesso in contesti disagiati. Una complessiva modalità di vita che rinunciava a tutele e corsie preferenziali (la vita parallela dei chierici!) condividendo, almeno in parte, aspetti di vita non previsti nel regime clericale. Tra i quali, in posizione primaria, il lavoro manuale dipendente. Vissuto sulla propria pelle, esistenzialmente devastante per chi da “pescatore di uomini” è tornato alla fatica della pesca materiale, in uno scenario che non aveva niente di romantico (il lavoro creativo, espressivo, che nobilita…) in quanto caratterizzato dallo sfruttamento capitalistico, il lavoro è stato il fatto umano su cui si è posta più attenzione, coinvolgimento, passione. Mentre morivano in bocca le tradizionali “parole di chiesa”, le nuove parole dei pretioperai risuonavano con forza nel descrivere un mondo sconosciuto, nell’esprimere il disagio vissuto, nel gridare lo sdegno per l’ingiustizia e il desiderio di cambiamento…
Anch’io ho provato a farlo, pur nella consapevolezza dell’ultimo arrivato, che, inoltre, non ha neppure esperimentato la condizione lavorativa in un contesto di grande industria, con tanto di memoria operaia e di soggettività sindacale.
Ora, però, percepisco che qualcosa è cambiato. Non nello svolgimento delle mie mansioni (che sono sempre le stesse: trasporti, pulizie…) ma nel contesto più ampio del lavoro che non è più un mondo bensì una galassia formata da pianeti tra loro molto diversificati.
Pur nell’impossibilità di una descrizione a tratti univoci, agli occhi di un qualsiasi attento osservatore appare il dato più problematico di altri della precarizzazione. Emblematicamente affrontato nel libro di Aldo Nove, Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…, nel quale trovano voce esperienze lavorative segnate dall’ansia della sopravvivenza in quanto sporadiche, mal pagate, senza nessuna forma di sicurezza, in balia di quella forma di caporalato legale che sono le agenzie interinali…

Abstract editoriale

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