Premessa
Esprimo alcuni pensieri dopo una prima lettura, calma e non pregiudiziale, delle “linee guida” proposte dalla Cei per la fase sapienziale del cammino sinodale delle Chiese in Italia. Ed è già significativo che nel documento la Cei parli “delle Chiese in Italia“ e non della Chiesa; e che scriva “alle donne e agli uomini delle chiese in Italia”.
Non le ritengo annotazioni solo di facciata, ma penso che comincino ad evidenziare una nuova attenzione al mondo.
Ripartire dalle persone
Nell’attuale radicale cambiamento d’epoca si corre un doppio rischio: il primo è quello di parlare di vicende drammatiche senza tenere presenti le persone che le vivono; il secondo è che le persone scompaiono dietro lo svanirsi delle maschere dei ruoli che rivestono nella società, come se fosse vero che se uno non ha più nessun ruolo da interpretare finisce per essere nessuno.
Io ritengo infatti che una possibile risposta alla crisi di civiltà che stiamo vivendo si può intravvedere solo se si riparte dalle persone che desiderano veramente un mondo diverso e che danno respiro a questo desiderio avendo la saggezza di associarsi. Infatti è solo “camminando insieme” che si può generare una ‘comunità-soggetto’ capace di far fiorire le persone, perché sono convinto che non ci sarà soluzione finché non comprenderemo tutti che il nostro viaggio, nell’esistenza e nella storia, deve poter essere vissuto in maniera che sia un cammino comune.
“Quando cadono le barriere che mi fanno credere l’altro come un estraneo o un nemico, allora le persone si riconoscono legate per una vita buona comune, creando spazi di accoglienza e di condivisione, sempre osservando la loro capacità di ospitalità aperta all’intera umanità e al creato. Infatti tutte le comunità, compresa la Chiesa, sono soggettività di servizio, non un fine in se stesse” (R. Mancini).
Come loro
Credo che il libro scritto da Renè Voillaume sia passato tra le mani di tutti i pretioperai: il titolo dice in sintesi lo stile con cui Gesù si affiancò ai due viaggiatori di Emmaus la sera di Pasqua. E’ lo stile di prossimità con cui anche noi PO abbiamo cominciato a “camminare a fianco” delle nostre compagne e compagni di lavoro, quando siamo entrati in fabbrica varcando i cancelli degli operai e non la porta della direzione aziendale: abbiamo cominciato a fare strada con loro, apprezzando tutti i loro cammini senza alcun atteggiamento di giudizio; anzi abbiamo imparato da loro a coniugare aspirazioni e desideri con la dura fatica quotidiana di guadagnarsi da vivere.
La Chiesa in Italia non ha per niente praticato questo “stile” di vicinanza: molte persone sono state lasciate ai margini, negando loro un sacrosanto diritto, che è quello di avere l’opportunità di incontrarsi con il Vangelo di Gesù di Nazaret.
Il popolo di Dio intende sentirsi umano in mezzo all’umanità, senza dover rivendicare spazi di privilegio o egemonia.
I vari terreni dove Dio ha fatto cadere la sua Parola sono fertili se vengono coltivati nello stile della prossimità fraterna e non della conquista ‘coloniale’.
Una Chiesa non clericale
I testi del Concilio Vaticano 2° evitano di parlare di sacerdozio. Parlano di ministeri ordinati. “Dobbiamo ritornare alla Chiesa dei battezzati nella quale tutti sono ‘sacerdoti’, mediatori tra Dio e l’uomo” (papa Francesco).
I ministeri nella Chiesa vanno desacralizzati per renderli un servizio per il mondo e non dei ruoli funzionali alla struttura sacra.
Bisogna ridare corpo e vita a una fede spesso disincarnata, astratta e avulsa dall’umano.