Riproduciamo qui alcuni brani dai due scritti
introduttivi ai primi due numeri della nostra rivista.


1

Il numero zero della rivista PRETIOPERAI, contenente gli atti del convegno nazionale tenuto a Firenze dal primo al 4 maggio 1986, si apriva con queste pagine di Sirio Politi; durante quel convegno sono stati i suoi interventi a determinare la scelta di far nascere PRETIOPERAI.

Una voce dice: “Grida”
e io rispondo:“Che dovrò gridare?”

(Isaia 40,6)

di SIRIO POLITI

Può anche essere che siano maturati i tempi nei quali dire pretioperai sia come invitare a voltarsi indietro a cercare d’intravedere, nell’annebbiamento che gli anni inevitabilmente addensano sul passato, questi tipi di preti che indiscutibilmente hanno fatto parlare di sé, questi strani operai ritrovati spesso, gomito a gomito, dentro la fabbrica, sulle strade, nel sindacato […]

Una rivista di più tra le tante che tentano di inculturare questo nostro tempo, quella che il Movimento (parola tanto per amor di sintesi) dei pretioperai intende immettere sul mercato della cultura?
Forse sarebbe assai riduttiva una valutazione del genere. E la pubblicazione potrebbe anche risultare contraddittoria a quel silenzio e a quella solitudine che è parte viva, anche se spesso è condizione significativa di oppressione e di emarginazione, dell‘esperienza pretioperai […]
Si tratta invece di “ridarci un linguaggio quotidiano che ci permetta di riconoscerci, di comunicare tra noi e con gli altri, non per opporci al linguaggio dei critici e della massa, ma per vivere la nostra vita e permettere che altri possa continuare ad incontrare la nostalgia” (Tognoni).
Un raccontare quindi, come in un diario, la propria vicenda interiore specificando quel niente e quel tutto che sicuramente ciascun preteoperaio vive nei propri condizionamenti ma anche e forse sopratutto in quella spaziosità di visione, di giudizio e di cocciuta presenza e condivisione, nella quale la realtà attuale dell’umanità arrotola e srotola la propria storia.
La giustificazione di tanto osare è tutta nella coscienza di respirare una libertà totalmente liberata. Di essere gente che sulla povertà non ha fatto mai sentimentalismi ma condizione reale di vita. La condivisione fino al coinvolgimento oltre ogni limite di partecipazione,fino all’identità operaia. Il vuoto totale di ogni intenzionalismo. L‘aver pagato sempre, senza preventivi e consuntivi, i prezzi delle proprie scelte. La serenità e la pace, al di là di ogni rammarico o rivalsa…

La pagina è indiscutibilmente bianca, assolutamente senza intestazione, riferimenti, timbri ecc.
Ciò che conta è essere una voce che grida: se poi questa voce che grida si perdesse nel deserto non ha poi tanta importanza. Anche perché i pretioperai ci sono abituati.

PRETIOPERAI n° zero – gennaio 1987

(qui puoi leggere il testo integrale)


2

l’introduzione al n° 2 della rivista

E’ questo il primo numero “ufficiale” della rivista PRETIOPERAI: è una prima realizzazione di quanto avevamo immaginato e progettato con il cuore e con la mente.
Una rivista per noi, per gli amici, per coloro che hanno il desiderio di conoscere e di ascoltare.
Una rivista il cui contenuto è quello di un OSSERVATORIO aderente alla realtà delle cose e della vita, che i nostri occhi vedono, i nostri cuori sentono, il nostro intelletto pensa e progetta…
Non è facile per noi lo scrivere: in genere, chi fa non scrive e chi scrive non fa. Questo servizio alla verità, questo confermarci nella verità, questo dirci e dire che alcune cose sono vere, contro ogni cancellazione del passato, presente e futuro, di nostalgia, di speranza, è oggi un dovere storico: per questo abbiamo affrontato questa fatica.
In questo numero abbiamo raccolto i primi scritti arrivatici. Non sono rappresentativi di tutto ciò che i preti operai vedono, sentono, fanno, progettano. Però sono un primo tentativo.
La stanchezza, la timidezza, l’aver perso l’abitudine alla penna rende difficile e lento il convincerci a scrivere.
Quando però si mettono assieme i vari scritti, ben diversi da quelli di altri giornali o riviste erudite, ci si accorge che emerge un mondo vero, una realtà che fa entrare in risonanza le cose più profonde dentro coloro che fanno parte di questo immenso popolo di “esiliati”, come scriveva Tognoni sul numero zero.
Se tutti i preti operai si mettessero davvero a scrivere, ad inviare senza timore pezzi di diario, di riflessioni ne dovrebbe…
“… uscire, naturalmente, lo specchio di quello che siamo, speriamo, vogliamo. Osservatorio scientifico — cioè aderente alla realtà delle cose e della vita — della noptra identità, che è anche quella dei tanti ultimi. Scrittura del libro dei racconti con i quali confrontarci, e da tramandare. Verifica di essere ancora vivi, o di essere reduci; di avere una lingua che parla e che ha senso o di essere fatti di reminiscenze e di luoghi comuni.
Materiale per dirci la verità, e per decidere se siamo ancora contenti di essere preti-operai-popolo-lievito, o se questa lunga avventura non ha più posto nella nostra vita. Per non finire per lisi progressiva, o per adattamento […]
(Gianni Tognoni)

Noi proviamo a pensare che
questa rivista possa essere uno strumento in cui dar voce alle nostre voci. Invitiamo tutti i PO
dal fondo della loro condizione fedelmente tenuta,
a tessere con i loro occhi
gli infiniti tasselli del sopruso che il consenso alle regole del gioco sta scaricando su loro e sui loro compagni.
Almeno per il permanere di una memoria storica.

PRETIOPERAI n° 2 – ottobre 1987

(qui puoi leggere il testo integrale) 


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